
STORIE BREVI.
ANZI, BREVISSIME
storia breve
SCRITTURA
DI UNA STORIA BREVE CHE COMINCIA
CON LA PAROLA “FINE” E SI CONCLUDE
CON LA PAROLA “PRINCIPI”
“Fine dei giochi”, pensò il giudice Martelli mentre si apprestava a leggere la sentenza.
Il destino di quell’uomo che aveva tormentato la sua serenità era in bilico tra la legge e il suo giudizio.
Il processo stava per concludersi e, come sempre, sarebbe passato a quello successivo. Sino alla meritata pensione. Ma questa volta non sarebbe stato così semplice: mai in trent’anni di carriera ebbe così tanta paura di sbagliare.
Le mani tremanti stringevano i fogli. Tra le righe del verdetto scomparivano la sua imparzialità e i suoi princìpi.
storia breve
SCRITTURA
DI UNA STORIA BREVE PARTENDO DALL’INCIPIT ED EXCIPIT DI UN’OPERA ESISTENTE
(I giorni perduti, Dino Buzzati)
Qualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernest Kazirra, rincasando, avvistò da lontano un uomo che con una cassa sulle spalle percorreva la strada sterrata che la fiancheggiava. La nebbia fitta mischiava i lineamenti del viso in uno scarabocchio informe. Il passo era lento e costante, alla ricerca di un fragile equilibrio, come schiacciato dal peso della cassa e dalla durezza dei sassi sotto i piedi.
Il tempo di girare la chiave nella serratura della porta d’ingresso e la figura ingobbita era sparita nel nulla.
Ernest tolse le scarpe per infilarsi delle comode pantofole, appese il cappotto al porta abiti e si diresse verso le scale illuminate dalla luce che proveniva dal piano superiore. Sul pianerottolo lo aspettava Catherine, la governante presa a servizio su consiglio del rettore della sua università: caro amico chiacchierone e sempre sul pezzo che tanto aveva insistito per fargli assumere l’amabile Catherine, donna esperta nella gestione di ville coloniali.
Un formale saluto tra i due ed Ernest si recò verso la camera matrimoniale per togliersi il completo grigio e indossare la vestaglia stirata di fresco che lo accolse morbida.
Mentre entrava nello studio si voltò di scatto verso Catherine che lo fissava in attesa di ordini.
“Voglio che la cena sia servita alle venti in punto”, disse Ernest congedando la governante che si allontanò rivolgendogli uno sguardo ostile.
I minuti scorrevano nella lettura del Tito Andronico tra scene di sangue e violenti colpi di scena scanditi dal rumoroso pendolo. Lo scoccare delle venti lo distolse dalle pagine del libro e discese le scale chiedendosi perché Catherine non lo aveva avvertito.
“Hai lasciato la finestra aperta Catherine?”, urlò una volta arrivato in salone. “Ti ho detto più volte di lasciare tutto chiuso!”
Quando Ernest entrò in sala da pranzo fu accolto da una macabra scoperta. Quella sera, la particolare cena richiesta e servita dal giorno del suo arrivo si trovava all’interno di una cassa di legno chiaro che stava tingendosi del colore scuro del sangue. Il taglio alla gola di Catherine incorniciava il martirio che aveva già subito nei giorni scorsi tra escoriazioni e bruciature.
Il gelo del vento che entrava dalla porta che dava sul retro si aggiungeva a quello che scorreva nelle vene di Ernest, immobile sull’uscio della cucina.
E l’ombra della notte scendeva.